Gastronomia molecolare: la chimica nelle cucine dei grandi chef

Cucina e chimica possono sembrare due mondi apparentemente molto distanti. La realtà è ben diversa: schiume, gel e cascate di azoto liquido sono solo alcuni dei protagonisti della “cucina molecolare”.

L’utilizzo dell’alginato di sodio è solo l’ultimo esempio di come questa moda abbia preso piede anche nella ristorazione più raffinata, trovando sia seguaci che detrattori.

 

Un punto di rottura con il passato

I più tradizionalisti spesso storcono in naso davanti a questa nuova pratica, sicuramente innovativa: il presupposto fondamentale è l’assenza di cottura come comunemente intesa, così da preservare al massimo le proprietà degli alimenti. In sostituzione intervengono sostanze capaci di reagire dal punto di vista fisico – chimico con le materie prime interessate, mantenendo intatti o addirittura concentrando i sapori.

 

Le lavorazioni in questo campo sono le più disparate, gelificazione e sferificazione sono sicuramente tra le più diffuse. In particolar modo è quest’ultima a farla da padrone con la realizzazione di globuli (detti anche “caviale” o “drop”, appunto) all’interno dei quali i sapori sono pronti a sprigionarsi una volta rotti durante la masticazione: una novità non solo dal punto di vista visivo, ma soprattutto a livello di consistenza e di percezione gustativa.

 

Questione di chimica

Nel metodo della sferificazione, l’elemento imprescindibile è l’alginato di sodio: si tratta di un sale ricavato dalle alghe brune a cui, in natura, conferisce particolare flessibilità necessaria a sopportare moti ondosi anche sostenuti. È facile intuire come questa proprietà risulti funzionale a creare quelle che possono assomigliare a delle biglie la cui consistenza esterna sia elastica e quindi in grado di racchiudere un liquido all’interno.

 

Si può fare ricorso a due tipi di sferificazione: basica e inversa. 

Nel primo caso l’Algin deve essere aggiunto al composto che si vuole sferificare, il tutto va versato infine nel bagno calcico mediante siringa (senza ago) o stampi. Contrariamente, nel processo inverso il calcio occorre che si trovi già nell’alimento prima che venga trasformato nelle caratteristiche perle. Basterà poi mixare e lasciare riposare affinché il preparato prenda la forma desiderata e possa essere immerso nel bagno di alginato di sodio: in questo modo il prodotto sarà conservabile e utilizzabile del tempo, a differenza di quanto ottenuto utilizzando dal processo basico che richiede un utilizzo immediato.

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